L’ex stella della Nba Kobe Bryant, morto ieri in un incidente in elicottero in California, amava l’Italia. E l’amava perché in quei sette anni passati nel nostro Paese, dai 6 ai 13 anni, aveva imparato, per davvero, a giocare a pallacanestro. Quello sì, il vero amore della sua vita.
Nel marzo del 2019, quando venne chiamato a sorteggiare i gironi del mondiale di basket che si sarebbe poi giocato alla fine della scorsa estate, aveva rilasciato un’intervista alla FIBA ricordando l’importanza di quegli anni: «Crescere dall’altra parte dell’oceano mi ha dato un incredibile vantaggio perché avevo imparato i fondamentali. Non come fare il giocoliere ma come muovermi senza palla e usare i blocchi, utilizzare entrambe le mani, passare la palla in maniera efficace». Metodi rigidi che in America non avrebbe trovato. «Facevamo solo una partitella a settimana, se eravamo fortunati».
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Kobe non era capitato per caso nel nostro Paese. Suo padre, Joe, anche lui cestista, aveva deciso di venire a giocare in Europa portandosi dietro la famiglia. In quattro città dove il basket è, ancora oggi, più che una religione: Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia.
Kobe era piccolo ma giocava già con i più grandi. Nel torneo plasmon aveva 6 anni, gli altri 9. Il giornalista Andrea Barocci lo racconta bene nel suo libro Un italiano di nome Kobe. Nel 2011, inoltre, venne intervistato da Radio Deejay esprimendosi in un italiano quasi perfetto. «Lo parlo poco, ogni tanto con le mie sorelle».
L’occasione era quella di incontrare, in Italia, alcuni giovani fan per ricordare loro che «la cosa più importante è che quella che state facendo ora». Il concetto resta lo stesso, quello che lui aveva imparato da piccolo: «Le cose che sembrano piccole in questo momento, con grande lavoro, diventeranno tra due anni cose grandissime». Il legame con l’Italia, così come quello per lo sport, lo aveva trasferito anche alle figlie: Natalia Diamante, Bianka Bella e Capri Kobe e Gianna Maria-Onore. Nomi che raccontano il nostro Paese e che ne evocano alcuni luoghi. L’ultima Gianna, 13 anni, è morta con lui, nell’incidente in elicottero che lo ha ucciso a soli 41 anni.
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Bryant è stato il quarto marcatore di tutti i tempi della massima lega americana, con 33.643 punti realizzati, appena scalzato dal trono da LeBron James, nella giornata di sabato.
Nella sua carriera ha vinto cinque titoli Nba e due ori olimpici, a Pechino nel 2008 e a Londra nel 2012, con la maglia degli Stati Uniti.