Ieri sera, su Canale5, è andato in onda il film dedicato al giornalista Mario Francese, ucciso dalla mafia il 26 gennaio 1979 a Palermo.
Prima della fiction, però, ha fatto molto parlare la diffida del Giornale di Sicilia – dove lavorò Francese – inviata a Mediaset per non trasmetterlo.
Il motivo? La presenza di dichiarazioni che infangano l’immagine e la reputazione del quotidiano dell’Isola.
Dal film, in effetti, sono emersi molti particolari che gettano più di un’ombra sull’editore Federico Ardizzone – oggi al suo posto c’è il figlio – e su alcuni elementi della redazione.
Da un lato, la vicinanza tra l’editore e il boss Michele Greco (definito il papa di Cosa Nostra), dimostrata con una fotografia; e dall’altro le intimazioni di quest’ultimo contro Francese per via delle sue delicate inchieste (con la minaccia che, in caso di una sola smentita, non avrebbe più lavorato per il giornale), nonché l’assenza di solidarietà della testata nei confronti di un caporedattore a cui avevano bruciato la casa (e per questo decise di lasciare la Sicilia) e la presenza di un giornalista che avrebbe voluto che Francese incontrasse due esponenti della mafia palermitana.
Particolari che hanno spinto l’editore del Giornale di Sicilia, Antonio Ardizzone, e il vicedirettore responsabile, Marco Romano, a firmare un editoriale dal titolo Antimafia e mistificazioni, accusando gli sceneggiatori del film Liberi Sognatori, Delitto di Mafia di illazioni e menzogne.
Al Giornale di Sicilia ha risposto lo sceneggiatore del film, il giornalista e politico Claudio Fava: “Pretendere il diritto al silenzio, all’oblio, alla reticenza e alla menzogna sulla storia di un loro giornalista ammazzato dalla mafia è cosa assai triste, ancor più che grave. Ci dice quanta strada c’è ancora da fare. E quante verità da reclamare“.
Fava, nella sua dichiarazione, ha confermato quanto raccontato dal film, perché frutto di eventi accertati “giudiziariamente“.

IL COMMENTO
Riassunto quanto accaduto, è doveroso sottolineare quanto sia stato triste avere appreso che il Giornale di Sicilia abbia chiesto a Mediaset di non mandare in onda il film dedicato a un proprio giornalista, vittima di mafia.
Innanzitutto, perché è triste che la richiesta di censura parta da un giornale che, in linea di principio, dovrebbe garantire la libertà di espressione.
Ora, anziché invocare il silenzio sulla faccenda, sarebbe opportuno che il Giornale Di Sicilia si prodigasse per dare risposte alle tante domande dei lettori dopo il film di ieri sera, partendo dal presupposto che sanno poco o nulla.
Davvero l’allora editore Federico Ardizzone minacciò di licenziare Mario Francese perché le sue inchieste erano scomode?
Davvero non ci fu alcuna solidarietà nei confronti di un caporedattore a cui avevano bruciato la sua casa?
E altro ancora…
Insomma, il Giornale di Sicilia – dove ho mosso i miei primi passi da aspirante giornalista e per cui provo stima e affetto (anche perché un conto è l’editore, un altro è la redazione) – dimostri di essere un giornale e non un censore imbarazzato.
In fondo, la lezione di Mario Francese (e dei tanti giornalisti uccisi dalle mafie) è questa: raccontare la verità, sempre e comunque, anche quando è scomoda e/o pericolosa per sé e per i propri familiari.
I lettori, per di più, non sono stupidi e potrebbero interpretare la diffida come uno strumento di paura e non di difesa.
AGGIORNAMENTO (ore 15.00)
“Non c’è stata una richiesta di bloccare la fiction che ricostruisce la carriera e la morte per mano mafiosa di Mario Francese, il Giornale di Sicilia ha chiesto di rimuovere le immagini e i riferimenti diretti alla testata che prima aveva autorizzato. È su questo che si è consumato lo scontro“.
Questo l’incipit di un articolo pubblicato dal Giornale di Sicilia sulla polemica.
In sintesi, stando al GDS, la Tao Due, ovvero la produzione del film, si era impegnata “a non ledere e non danneggiare nell’immagine, nella reputazione, nell’identità personale” il quotidiano. Inoltre, si era impegnata anche a non accostare la testata a “situazioni lesive dell’immagine e della reputazione“.
Quindi, visto che tale ipotesi – sempre secondo l’editore Ardizzone – si è configurata, allora è scattata la revoca dell’autorizzazione all’uso del logo e delle pagine.
La fiction, rileva il presidente e direttore del Giornale di Sicilia, “fa una ricostruzione grossolanamente falsa, strumentalmente artefatta e platealmente incongruente nella tempistica“.
Il produttore Valsecchi, infine, ha difeso il film: “Il film racconta la verità. È un film sulla libertà di stampa per cui Francese si è battuto“.