Gerry Scotti, dimesso dall’ospedale, ha raccontato, in occasione di un’intervista al Corriere, la sua esperienza di ricovero.
Dal tampone all’anticamera della terapia intensiva
Nel corso dell’intervista al quotidiano milanese, il popolare conduttore ha raccontato di cosa ha provato dopo la notizia della positività al tampone e del consiglio, dopo il secondo controllo presso il Covid Center dell’Humanitas di Rozzano, di rimanere lì per via di “tutti i parametri sballati: fegato, reni, pancreas”.
LEGGI ANCHE: Gerry Scotti: “Ho pagato per far lavorare mio figlio”
Prossimo a diventare nonno – suo figlio Edoardo e la compagna accoglieranno il primo figlio nei prossimi mesi – Gerry Scotti ha parlato anche dei giorni trascorsi nell’anticamera della terapia intensiva.
Ero in una stanzina, di là c’era la sliding door della vita di tantissime persone. Con due altri pazienti ci strizzavamo l’occhio, dai che ce la fai. Ho appurato — stando lì, due notti e un giorno — che quella era l’ultima porta. Se decidevano di aprire quel varco… Io li vedevo tutti, vedevo 24 persone immobili, intubate, come nei film di fantascienza. Pregavo per loro invece che pregare per me.
Queste le parole del celebre conduttore, in queste settimane in tv con le puntate registrate di Tu Sì Que Vales. Scotti, che ha raccontato dei messaggi che si è scambiato con Carlo Conti – interazioni che li hanno visti condividere i dettagli della comune esperienza di cura – ha detto di aver dovuto indossare, per un paio di giorni a orari alterni, il casco CPAP.
Ha concluso l’intervista riportando un appello che gli è stato fatto dagli infermieri del reparto del nosocomio alle porte di Milano.
Un preghiera mi hanno fatto quando sono uscito: dica che non siamo eroi, dica che siamo ragazzi e ragazze che cercano d fare al meglio il proprio lavoro.
LEGGI ANCHE: Aggredisce e prova a violentare una donna mentre stava pregando in chiesa: arrestato