Cronaca Social

Il virologo Clementi: “Non ci sarà una seconda ondata”

Le parole dell’ordinario di virologia al San Raffaele di Milano Massimo Clementi, intervistato da La Stampa.

Massimo Clementi, ordinario di virologia al San Raffaele di Milano, intervistato da La Stampa, ha affermato: «Non ci sarà una seconda ondata, l’autunno sarà come adesso, il virus si sta adattando all’uomo, magari farà un ping pong con il pipistrello, cioè ce lo ripasseremo tra specie, ma non se ne andrà fino al vaccino».

Clementi ha poi detto di non capire «perché lo Stato europeo con la situazione epidemiologica migliore sia l’unico a prorogare lo stato di emergenza. Francia e Spagna, messe peggio dell’Italia, non si sono sognate nulla del genere. Lo stato d’emergenza andava bene a marzo e aprile, ma non adesso. L’attenzione invece servirà ancora per molti mesi. Se i focolai non dovessero scemare, in attesa di un vaccino o di un farmaco antivirale specifico, non esiste altra misura che la prevenzione».

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Clementi ha poi ricordato di essere «additato come punto di riferimento dei negazionisti, ma ho sempre detto che tutte le misure di precauzione vanno mantenute. Solo nelle scuole, in particolare per i bimbi piccoli, trovo sbagliato l’utilizzo delle mascherine. Mi differenzio invece per il valore che do a certi dati. Non voglio dire che il virus sia mutato, perché non è dimostrabile e questa teoria fa venire le crisi epilettiche a qualcuno, ma si sono modificate la malattia e la caratteristica dell’infezione, che ormai avviene con una carica virale molto bassa».

C’è troppo allarmismo? «Certamente, per esempio si parla di 138 nuovi casi in Lombardia, ma 97 vengono da un focolaio a Mantova circoscritto e sotto controllo: i focolai sono la coda di una grave epidemia, spesso sono composti da asintomatici, per cui serve attenzione ma tornando a vivere» e non aumenteranno «se siamo bravi ad affrontarli come finora».

Infine, per l’esperto le frontiere sono un punto debole: «Trovo giusta l’idea del ministro Speranza di chiudere i voli con i Paesi a rischio», osservando che «più che l’immigrazione», un rischio «è la provenienza da Paesi con un alto indice di contagio, compresi Stati Uniti e Brasile».

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