Femminicidio: uccisione di una donna da parte di un uomo per motivi di odio, disprezzo, piacere o senso di possesso delle donne. Questo è il significato originario del termine così come era stato elaborato nel 1990 dalla docente di Studi Culturali Americani Jane Caputi e dalla criminologa Diana E. H. Russell.
Odio e disprezzo sono le parole-chiave su cui ha focalizzato l’attenzione don Vincenzo Onorato. È il parroco della Chiesa di Santa Maria del Carmine della cittadina di Lucera (Foggia). Parole che gli hanno ricordato un altro omicidio, quello di Gesù.
Per lui il femminicidio e la morte di Cristo sono legati idealmente: “don Vincenzo vede in entrambi i casi il sacrificio di un innocente per un amore sbagliato” ha spiegato a ‘Cronaca Social’ la dottoressa Maria Luigia Ieluzzi, medico della città federiciana e co-fondatrice dell’Associazione ‘Vìola Dauna’ contro la violenza di genere.
Ed è così che, caso forse più unico che raro, don Vincenzo ha deciso di allestire presso la sua chiesa un altare della reposizione (luogo in cui viene conservata l’Eucarestia al termine della messa vespertina del giovedì Santo) davvero particolare per mettere insieme l’antico sacrificio (apparentemente sbagliato) e il quello moderno: scarpe rosse, simbolo per antonomasia del femminicidio, adagiate su tulle bianco ai piedi dell’altare.
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Una provocazione? Il profano che si mescola al sacro? Nulla di tutto questo. Anche perché, accanto alle scarpe rosse da donna, ci sono scarpette da bambina. Rosse anche esse. Il messaggio è chiaro, basta riportare alla mente gli ultimi fatti di cronaca.
Nessuna provocazione, ma solo un monito che va oltre le epoche storiche, la cultura e la religione: basta violenza.