Nel tempo in cui si progettano aerei che viaggiano ad energia solare e si vendono smartphone che riconoscono la faccia del proprietario, è inammissibile che si possano incrociare per strada giacigli di fortuna dove dormono persone che non hanno un tetto sopra la testa.
Pare, insomma, che il progresso tecnologico sia inversamente proporzionale al regresso sociale e al menefreghismo di chi ha nei confronti di chi non ha.
Per vedere con i propri occhi la povertà, infatti, non basta guardare in TV i documentari sull’Africa ma una passeggiata per le vie di Trento.
È facile, infatti, incrociare molti clochard che dormono in strada e che, con l’approssimarsi delle temperature gelide, potrebbero rischiare perfino di non svegliarsi più l’indomani.
No, non si può non fare nulla nei confronti di questa gente, i Miserabili, per dirla alla Victor Hugo.
Il Comune di Trento – e ogni altro Comune italiano – ha il dovere di adoperarsi per trovare a questa una sistemazione idonea, soprattutto di notte, non lasciando l’incombenza alle associazioni caritatevoli che non possono affrontare da sole il problema.
Basterebbe togliere risorse ad eventi folcloristici e privi di utilità pubblica – come il Dolomity Pride (evento per i diritti LGBT) – e destinarli a politiche concrete per provare a salvare letteralmente la vita dei clochard.
Ci vogliono, in poche parole, personale, strutture e materiale (letti, cibi e bevande calde…) che si attivino per aiutare i senzatetto, soprattutto – ribadisco – nella stagione invernale. Oppure, bisogna economicamente sostenere ancora di più le associazioni che già operano sul territorio.
Natale è alle porte. Dimostriamolo con i fatti: magari con meno addobbi comunali e più coperte.
GIAN PIERO ROBBI
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