Una petizione online per rivendicare i propri diritti. “Siamo lavoratori, non schiavi!”. “Chiediamo i nostri diritti, non benevolenza”. “Zara, Next, Mango: pagate i vostri debiti. 150 lavoratori sono allo stremo”. Sono soltanto alcuni degli slogan di protesta, appesi sui loro corpi, contro l’azienda che non li paga ormai da tempo.
Escono allo scoperto, adesso, sulle strade di Istanbul. Esibendo cartelli giganti, non più i cartoncini nascosti negli abiti costosi di brand rinomati a livello mondiale. Sono i dipendenti della Bravo, l’azienda tessile turca chiusa a luglio – il proprietario fuggito senza pagare i debiti né i suoi impiegati e operai – protagonisti di una clamorosa protesta in grado di suscitare in tutta Europa. Perché da qualche giorno gli acquirenti di molti di quei capi firmati, cappelli, vestiti, sciarpe, hanno trovato all’interno del prodotto un anonimo bigliettino nero, confezionato con cura, dove era scritto: “Ho fatto questo vestito, ma non mi hanno pagato”.
La notizia choc, pubblicata su alcuni media europei e poi ripresa dal quotidiano “Repubblica”, è ora rimbalzata in Turchia dove i lavoratori della Bravo, oltre a scendere in piazza hanno deciso di fare una petizione online chiedendo il sostegno della comunità internazionale. Lo scopo di questi lavoratori, è quello di fare in modo che i clienti di Zara appoggino la loro causa, e fare pressione a vari giganti della moda per essere effettivamente pagate per il loro lavoro.
Dalle etichette inoltre, si apprende che i dipendenti in questione sono stati assunti tramite la ditta Bravo che però ha chiuso i battenti da un giorno all’altro. Molti dei dipendenti, affermano di non aver ricevuto lo stipendio degli ultimi tre mesi.
Su internet esiste una petizione, firmata già da 18.000 persone, creata da molti dei dipendenti del settore tessile Turco. Ecco il testo integrale:
“Siamo dipendenti impiegati nel settore tessile Turco, e abbiamo lavorato per anni per grandi giganti della moda come Mango, Zara e Next. Produciamo i loro prodotti sotto severa sorveglianza e con orari di lavoro inumani ed è dal Luglio 2016, che non riceviamo più lo stipendio.Abbiamo prodotto questi capi con le nostre mani e tutto ciò che chiediamo ora, è che questi brand ci ricompensino per il grande lavoro fatto. Non chiediamo nient’altro che il rispetto dei nostri diritti! Inoltre, tramite questa petizione, chiediamo aiuto alla Comunità Internazionale semplicemente tramite una firma e la condivisione di questo scempio!”
Commenta