Cronaca Social

Intimidazione e antisportività: a Frosinone la partita della vergogna

Non si può fare finta di nulla.

Ieri sera la finale di ritorno del play off di Serie B è stata vinta dal Frosinone. A perderla, però, non è stata solo il Palermo ma anche il calcio in generale. Ciò che è accaduto allo stadio Benito Stirpe, infatti, è stato così vergognoso che se dovesse passare tutto in cavalleria – com’è altamente probabile che sia – lo sport italiano subirebbe un sonoro danno all’immagine.

Innanzitutto, la partita è stata diretta dall’arbitro Federico La Penna di Roma 1, ovvero proveniente da una città distante appena 79 chilometri da Frosinone. Per di più, l’arbitro aveva già diretto il match di andata della stagione regolare tra le due squadre, terminato 0-0 e con le lamentale della società rosanero per un goal annullato a Luciano Rispoli che, in realtà, è parso a tutti regolare.

‘Ebbene’, il direttore di gara è stato inadeguato e incapace nel gestire le pressioni provenienti da un ambiente caldo e l’atteggiamento aggressivo dei giocatori di casa sin dal primo secondo. I calciatori del Frosinone, infatti, hanno palesato subito una cattiveria agonistica che ha spezzettato il gioco: non il classico ‘coltello tra i denti’ ma la volontà premeditata di tackle duri e azzardati contro i rosanero.

Il peggio (e l’assurdo), però, è accaduto nel secondo tempo, pochi minuti dopo il vantaggio del Frosinone. Igor Coronado cade a terra e l’arbitro dà luogo a un ‘siparietto’ raramente visto nei campi di calcio professionistici di tutto il mondo: prima dà il calcio di punizione, poi si avvicina sul luogo del misfatto – magari notando la zolla di terreno dov’è avvenuto il contatto – e assegna il calcio di rigore. Lo stadio e soprattutto i calciatori del Frosinone lo accerchiano e, sopraffatto dal clima intimidatorio, rivede nuovamente la scelta e opta ancora una volta per il calcio di punizione. La Penna ha, insomma, dimostrato di essere stato un arbitro mediocre e condizionabile.

E non è finita qui. Nel tempo di recupero, ecco cominciare la vergogna dei palloni lanciati in campo. Prima dalla curva dello Stirpe e poi dalla panchina della squadra ciociara, come raccontato prontamente dalle telecamere di Sky Sport. Compiendo quest’azione antisportiva, si è costretto l’arbitro a interrompere più volte il gioco, non permettendo così al Palermo di concludere azioni in attacco con lo scopo di pareggiare l’incontro e, conseguentemente, di conquistare la promozione in Serie A. Perché tutto poteva ancora accadere.

Si è trattato di un gesto che ha fatto passare in secondo piano il successo ciociaro. E, sia chiaro, ciò non ha fatto infervorare solo i tifosi del Palermo ma tutti gli appassionati di calcio italiani. Ora, l’antisportività del Frosinone – tra l’altro giustificata a fine gara dal tecnico ciociaro Moreno Longo ai microfoni di Sky e liquidata malamente dal presidente Maurizio Stirpe – dovrebbe essere punita e pesantemente. Innanzitutto, perché c’è un caso che può fare giurisprudenza.

Un episodio simile, infatti, determinò in passato la sconfitta a tavolino al Bari. Da Mediagol.it. “Campionato primavera, sfida contro il Latina. Era il 2015 ed il giudice sportivo assegnò lo 0-3 con le seguenti motivazioni: ‘Rilevata la particolare gravità del comportamento dei raccattapalle, protrattosi nel tempo, che, di fatto, ha inciso sul regolare svolgimento della gara, senza alcun doveroso intervento da parte della Società ospitante. Visto l’art. 17 comma 1 CGS. delibera di sanzionare la Soc. Bari, a titolo di responsabilità oggettiva, con la punizione sportiva della perdita della gara, con assegnazione di gara vinta alla Soc. Latina con il punteggio di 0-3’“.

Il citato articolo 17, infatti, dice: “La società ritenuta responsabile, anche oggettivamente, di fatti o situazioni che abbiano influito sul regolare svolgimento di una gara o che ne abbiano impedito la regolare effettuazione, è punita con la perdita della gara stessa con il punteggio di 0‐3, ovvero 0‐6 per le gare di calcio a cinque, o con il punteggio eventualmente conseguito sul campo dalla squadra avversaria, se a questa più favorevole, fatta salva l’applicazione di ulteriori e diverse sanzioni per la violazione dell’art. 1 bis“.

Attenzione, però, c’è un altro elemento che può rafforzare l’intenzione della società del Palermo di presentare ricorso. L’arbitro La Penna, dopo il 2-0 del Frosinone, non ha fischiato la fine della partita. C’era ancora un minuto e quaranta secondi da giocare ma l’invasione di campo della squadra di casa ha impedito la conclusione regolare del match (tra l’altro, possiamo costruire stadi all’inglese come quelli del Frosinone ma se non abbiamo l’educazione civica sportiva che c’è nel Regno Unito è del tutto inutile).

In conclusione, allo Stirpe si è assistito non a uno spettacolo di calcio ma a intimidazione e antisportività: due elementi che gettano ombre sul ‘campionato degli italiani’. E se tutto dovesse passare in cavalleria, allora prepariamoci a partite in cui possiamo tranquillamente lanciare palloni in campo quando la squadra avversaria è in avanti.