Un sacerdote in carcere per celebrare messa è stato fermato dalla polizia perché sorpreso con nove cellulari addosso. È successo durante la funzione domenicale di ieri, 7 giugno, organizzata appositamente per i detenuti.
Otto micro-telefoni e uno smartphone sono stati trovati in alcune buste di tabacco. Secondo quanto ha affermato l’Unione sindacati polizia penitenziaria, è stata aperta un’indagine da parte dell’autorità giudiziaria per chiarire le ragioni di quanto scoperto.
Insieme ai nove cellulari, il sacerdote in carcere per celebrare messa aveva alcuni caricabatterie e chiavette usb. I detenuti della prigione in questione sono tenuti in regime di «media sicurezza». Il prete, un assistente del cappellano titolare, ha risposto per ore alle domande del pm di turno, mentre la polizia cerca di individuare i soggetti coinvolti all’interno della casa circodariale.

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La posizione dell’assistente cappellano è al vaglio della procura di Santa Maria Capua Vetere, anche se in Italia l’introduzione di cellulari in carcere, a differenza di quanto avviene in altri Paesi, non è reato. Il sacerdote, P.M., è conosciuto perché segue alcuni reclusi a cui sono stati concessi permessi di lavoro al di fuori della struttura.
«L’episodio evidenzia ancora una volta la necessità di dotare la Penitenziaria di strumenti tecnologicamente avanzati, anche in grado di schermare gli istituti di pena, per contrastare questo fenomeno»: hanno detto Giuseppe Moretti e Ciro Auricchio, presidente e segretario regionale dell’Uspp.
E ancora: «Grazie agli sforzi finora profusi, la Polizia Penitenziaria, malgrado i turni massacranti e le scarse risorse, riesce comunque ad arginare i tentativi fraudolenti di introduzione sia di telefonini sia di droga, evitando così gravi ripercussioni per l’ordine e la sicurezza interna. Complimenti ai colleghi del carcere di Carinola».
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