Cronaca Social

Violentata dagli amici, il padre li difende: “Mia figlia era ubriaca”

«Mia figlia vi ha raccontato dei fatti non veri, era ubriaca e quindi non era in grado di capire ciò che stava accadendo».

Queste le parole agghiaccianti pronunciate dal padre della vittima della violenza sessuale di Campobello di Mazara ai carabinieri. La figlia, 18enne, ha denunciato di essere stata stuprata da quattro ragazzi, che considerava amici e che sono stati arrestati ieri, giovedì 29 aprile, con l’accusa di violenza sessuale di gruppo aggravata.

Gli interrogatori degli arrestati sono stati fissati per lunedì 3 maggio. Il gip Riccardo Alcamo ascolterà E.B., 23 anni e il cugino F.B., 24 anni, di Marsala (difesi dagli avvocati Massimo e Matilde Mattozzi). Saranno anche interrogati i campobellesi G.T., 20 anni (difeso dall’avvocato Giuseppe Pantaleo), e D.C., 22 anni (difeso dal legale Davide Brillo) finiti agli arresti domiciliari.

Michela Rostan, vicepresidente della Commissione Affari sociali della Camera, ha affermato: «Approfittare di una donna in stato di ebbrezza per violentarla è un’aggravante che va punita con il massimo della severità nei confronti degli stupratori. Bisogna finirla con questa deriva giustificazionista che sta irresponsabilmente dilagando nel nostro Paese. Ritengo gravissime le parole del padre della 18enne violentata dal branco a Campobello di Mazara lo scorso febbraio, che avrebbe difeso gli aggressori adducendo la motivazione che la figlia fosse ubriaca e che i quattro presunti stupratori sono bravi ragazzi. Una tesi inaccettabile sulla quale è bene indagare fino in fondo, anche per accertare se queste parole sino state pronunciate liberamente oppure sotto minaccia. Quello che purtroppo emerge da questa ennesima, drammatica, storia è la vergognosa e perseverante tendenza a gettare sulla vittima la colpa di quanto accaduto. Una società civile degna di questo nome non può accettare nulla di simile».

«Faccio appello – prosegue Rostan – al senso di responsabilità di chi ricopre incarichi politici e ruoli rilevanti nel mondo della comunicazione a non alimentare questa sub cultura che è causa fondante dei comportamenti di violenza, in particolare nell’ambito familiare, ai danni delle donne. Così come chiedo con forza che nei confronti di chi ha il coraggio di denunciare si crei una cortina protettiva fatta da istituzioni, forze dell’ordine e, soprattutto, dalla comunità locale, che consenta di non lasciare sola la vittima di fronte alla tragedia e ai suoi aguzzini di farla franca».

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